Il pretesto Rodotà


Ancora ricordo la mia prima diretta per l’elezione del Presidente della Repubblica era il ’92 e mi arrabbiai molto: per mostrare l’elezione interruppero a metà una puntata, dell’allora, mio adorato Mac Gyver. Non capivo il perché di quell’attenzione verso una cosa noiosissima come la lettura di nomi su un foglio bianco.
Dall’elezione di Scalfaro ad oggi il mio interesse per l’evento è aumentato, soprattutto dopo aver capito il significato di “Garante della Costituzionne” così ho seguito le altre elezioni con molta più attenzione.

Quella che sta avvenendo in questi giorni è molto diversa dalle precedenti: se le altre mostravano un Parlamento in seduta comune che eleggeva il Presidente della Repubblica, come se fossero in una sorta di conclave, donando un nonsochè di mistico alla loro decisione, questa volta la gente non ci sta. Per la prima volta si criticano le scelte di una parte delle Camere, la gente vuole vadere i propri eletti fare una scelta che li rappresenti, insomma stanno tirando le orecchie a coloro che non rispettano un mandato avuto proprio per loro concessione.
Poco importa che i Soggetti siano Marini e Rodotà: loro sono solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, di oramai una visione della politica rilegata solo nelle stanze dei bottoni e non più in mezzo alle persone per risolvere i problemi della società.
Marini incarna il compromesso tra due fazioni che dovrebbero essere agli antipodi e che giustificano la scelta come “una unità per il bene del Paese”, cercando di mascherare (malamente tralaltro) un tentativo di praticare una sottospecie di “Governissimo” per fare, a sto punto, i loro porci comodi; Rodotà rappresenta, seppur con la sua veneranda età, il nuovo: non tanto con le idee, ma quanto con il metodo, che lo vede scelto proprio dalla gente come proprio primo cittadino.
Questo non vuol dire che l’Italia vuole essere una repubblica presidenziale: vuole solo dire che se la politica deve rappresentare le idee, lo deve fare appieno e non solo in campagna elettorale.
Marini e Rodotà sono solo un pretesto, al loro posto ci poteva essere chiunque (ovviamente della stessa capacità giuridico-intellettuale), dispiace solo che non ci sia una donna, o meglio più di una, ma questo è dovuto alla scarsità di numero, di una Repubblica che, purtroppo, fino ad ora ha sempre relegato la politica lontana dagli ambienti femminili, non permettendo il proliferare di una classe dirigente tinta di rosa; è ovvio non siamo più nel ’46 ma abbiamo ancora da fare.

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